Carta da parati si o no? |
Come architetto sono orientata a pensare che la casa come spazio da abitare debba esprimere la personalità di chi la vive e quindi si possiamo permetterci di decorare la nostra casa con le soluzioni che più ci piacciono, ma dobbiamo prestare attenzione a dosare gli interventi più estrosi perché non si traducano in un eccesso kitsch. |
Oggi parleremo di carta da parati, una soluzione per rivestire le pareti versatile, facilmente reperibile, con grande varietà di tipi. I materiali e le caratteristiche delle carte da parati presenti oggi sul mercato variano dai più tecnologici, agli ecologici, ai materiali antincendio, idrorepellenti e chi più ne ha più ne metta. Facciamo quindi attenzione alla scheda tecnica dei materiali che dobbiamo sempre ricordarci non essere esclusivo appannaggio degli esperti del settore. Dobbiamo anche ricordarci che i costi di questo tipo di finitura è molto variabile ed assolutamente legato alla qualità del materiale più che al design.
E' molto importante scegliere il tipo giusto di carta da parati prima ancora che focalizzare la nostra attenzione sulla fantasia o sul colore. Certamente è più semplice scegliere d'impulso il disegno o le nuance che più ci piacciono, ma rischieremmo di preferire un materiale non adatto alle nostre pareti e che quindi avrebbe una resa differente dopo l'applicazione che non ci soddisferebbe. Ad esempio se abbiamo delle pareti irregolari e non abbiamo intenzione di sistemarle prima dell'applicazione della carta da parati è consigliabile non scegliere una tappezzeria in carta, evidenzierebbe le irregolarità della superficie sottostante.
Una volta scelto il materiale si può passare alla scelta del colore e della fantasia e qui possiamo sbizzarrirci, ma in questa fase non ci sono indicazioni che tengano, si deve scegliere quello che più ci piace, sobrio o eccentrico che sia. Quindi osate, ma stando attenti a valutare quante e quali porzioni di muro rivestire.
Una volta scelto il materiale si può passare alla scelta del colore e della fantasia e qui possiamo sbizzarrirci, ma in questa fase non ci sono indicazioni che tengano, si deve scegliere quello che più ci piace, sobrio o eccentrico che sia. Quindi osate, ma stando attenti a valutare quante e quali porzioni di muro rivestire. |
Meno frequente è il caso in cui la tappezzeria rappresenti un elemento caratteristico che contraddistingua la casa in ogni sua parte arrivando a condizionare la scelta d'arredo e dei complementi, senza trascurare l'illuminazione.
La carta da parati può essere considerata come uno sfondo, una cornice per definire alcuni spazi della casa. In questo caso la scelta è subordinata all'arredo e costituisce un elemento decorativo dell'ambiente come potrebbe essere un tappeto. Passiamo poi alla parte pratica che necessita di assoluta professionalità, o se proprio ci si vuole avventurare in un'applicazione fai da te, di una grande manualità.
E' possibile eseguire questa lavorazione da soli ovviamente, ma per evitare di rimanere inglobati tra carta e collanti vari è buona norma affidarsi ad un professionista del settore capace oltre che di applicare correttamente la carta, di preparare con adeguate lavorazioni i muri su cui poi andrà applicata. |
La carta da parati è un materiale di per se costoso e anche delicato, sarebbe veramente uno spreco rovinare un progetto per la nostra casa con una posa scorretta che porterebbe ad un risultato insoddisfacente a causa di errori che potevano sicuramente essere evitati affidandosi ad un abile artigiano.
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In questo periodo di crisi pandemica, mi sono reso conto di tutti i limiti che il modello di vita a cui siamo abituati ha dimostrato e ho iniziato ad interrogarmi su quale dovrebbe essere il ruolo dell’Architetto e il valore dell’Architettura dopo la pandemia.
- Che cosa possiamo fare per migliorare la vita delle persone in situazioni estreme?
- Come possiamo cambiare lo spazio abitato? E come dovrebbe essere concepito?
- E’ possibile progettare e/o riprogettare gli spazi abitati appositamente per far cambiare la vita delle persone in situazioni di estrema difficoltà, oggi rappresentate dalla pandemia?
- Come potrebbero essere gli scenari futuri (paesaggi, città, edifici) di un domani (probabilmente legate agli effetti del cambiamento climatico)?
Osservando ed analizzando alcune delle epidemie del recente passato possiamo di sicuro apprendere come l’architettura può aiutare a combattere la diffusione e favorire la proliferazione di malattie.
Era il 2014 quando l’Ebola ha presentato un problema legato allo spazio: un virus altamente contagioso che sopravvive sulle superfici per quasi due settimane; mentre l’epidemia di tubercolosi XDR-TB del 2006 ci ha insegnato che negli spazi medici e non medici (gli spazi abitabili e abitati quindi) semplici adeguamenti possono aiutare. Aprire le finestre, aumentare il movimento dell'aria, introdurre filtri e accendere i ventilatori potrebbe fare la differenza tra sicurezza o malattia. Un focolaio di colera si è attivato ad Haiti nel 2010 e, per colpa dei rifiuti contaminati che venivano scaricati nelle acque sotterranee, ha trovato strada libera per la contaminazione attraverso le fonti utilizzate per bere, lavare e pulire trasformando un “disastro di emergenza” in uno “permanente”; fu solo quando medici e architetti iniziarono a lavorare assieme per costruire una struttura locale permanente che si prendesse cura dei pazienti, trattasse in sicurezza le acque reflue e i materiali pericolosi anche mediante un centro che gestiva i rifiuti che la crisi cessò e il recupero della situazione di controllo riprese piede.
Era il 2014 quando l’Ebola ha presentato un problema legato allo spazio: un virus altamente contagioso che sopravvive sulle superfici per quasi due settimane; mentre l’epidemia di tubercolosi XDR-TB del 2006 ci ha insegnato che negli spazi medici e non medici (gli spazi abitabili e abitati quindi) semplici adeguamenti possono aiutare. Aprire le finestre, aumentare il movimento dell'aria, introdurre filtri e accendere i ventilatori potrebbe fare la differenza tra sicurezza o malattia. Un focolaio di colera si è attivato ad Haiti nel 2010 e, per colpa dei rifiuti contaminati che venivano scaricati nelle acque sotterranee, ha trovato strada libera per la contaminazione attraverso le fonti utilizzate per bere, lavare e pulire trasformando un “disastro di emergenza” in uno “permanente”; fu solo quando medici e architetti iniziarono a lavorare assieme per costruire una struttura locale permanente che si prendesse cura dei pazienti, trattasse in sicurezza le acque reflue e i materiali pericolosi anche mediante un centro che gestiva i rifiuti che la crisi cessò e il recupero della situazione di controllo riprese piede.
In considerazione dell’esperienza sulle epidemie precedenti, si può pertanto affermare che lo spazio abitato e gli edifici possono svolgere un ruolo importante di propagazione e la progettazione/riprogettazione degli stessi svolge un ruolo chiave nella riduzione dello sviluppo e diffusione di tali epidemie. Interessante analizzare quanto reso disponibile dal collettivo di design e architettura MASS Dedign Group: un elenco di “best practice” per la progettazione di spazi per la prevenzione, mitigazione e controllo delle malattie epidemiologiche |
- Progettare per la distanza sociale, non l'isolamento;
- Ripensare la selezione dei materiali e il trattamento delle superfici;
- Far "respirare" meglio gli spazi;
- I rifugi temporanei non sono mai temporanei;
- Progettare per le persone, non solo contro i patogeni.
Svuotati gli spazi collettivi come strade, piazze, parchi e centri commerciali, la vita si è trasferita nelle singole case costringendoci a fare i conti con la cellula dell’abitato: case, cucine, stanze, balconi, camere da letto e ripostigli, collocati all’interno di una desolazione a tratti affascinante come quella dei centri storici e a tratti terrificante come quella di molte periferie. L'attuale pandemia COVID-19 porta l'attenzione generale sul controllo delle infezioni al di fuori degli ambienti sanitari dove l’architettura e le politiche sociali fino ad oggi ha troppo spesso pensato solamente a luoghi dove “tornare” e non a luoghi dove “stare”.
Gli spazi delle celle abitative, non solo la loro organizzazione, vengono costantemente rimaneggiati e contratti da decenni in virtù delle più svariate motivazioni, prima su tutte la necessità di adeguamento al mercato immobiliare; conseguentemente ha portato alla ricerca di una razionalizzazione e riduzione degli spazi, che ha condotto alla privazione del comfort abitativo. Oltremodo la speculazione immobiliare ed edilizia ci ha condotto verso una bruttezza sciatta che neanche può essere annoverata nel capitolo del “brutalismo”. |
Viviamo in celle piccole, male esposte, male areate, prive di spazi aperti o all’aperto, affacciate oggi ahimè su desolanti viste e prive di valenza estetica. Estetica intesa come il piacere della ricerca della bellezza dell’abitare uno spazio progettato rispetto alle esigenze specifiche di ogni individuo che lo abita.
Tornando alla questione pandemica, studi recenti tendono a dimostrare che il coronavirus è più stabile su materiali quali plastica e acciaio (fino a tre giorni) rispetto a tessuti porosi come cotone, pelle e persino cartone (meno di 24 ore). In questo caso la porosità di un materiale potrebbe quindi divenire un alleato. Che si tratti quindi di fornire ricambi d'aria costanti, progettare spazi favorevoli al controllo delle infezioni mediante l’utilizzo di differenti e più accurati materiali o costruire sistemi efficaci di separazione e recupero dei rifiuti, l'architettura può e deve fare la sua parte per combattere le pandemie mettendo in discussione le più consolidate linee guida che il sistema ha elaborato fino ad oggi per addentrarsi verso una nuova concezione dello spazio abitato. Oltremodo la vera sfida diventa pertanto rinnovare le unità abitative (oggi celle di isolamento) creando strategie di ventilazione innovative, creare arredi e spazi funzionali ai differenti utilizzi, concepiti per lo “stare” e progettare/riprogettare superfici resistenti ai patogeni che hanno contribuito la diffusione della malattia.
Tornando alla questione pandemica, studi recenti tendono a dimostrare che il coronavirus è più stabile su materiali quali plastica e acciaio (fino a tre giorni) rispetto a tessuti porosi come cotone, pelle e persino cartone (meno di 24 ore). In questo caso la porosità di un materiale potrebbe quindi divenire un alleato. Che si tratti quindi di fornire ricambi d'aria costanti, progettare spazi favorevoli al controllo delle infezioni mediante l’utilizzo di differenti e più accurati materiali o costruire sistemi efficaci di separazione e recupero dei rifiuti, l'architettura può e deve fare la sua parte per combattere le pandemie mettendo in discussione le più consolidate linee guida che il sistema ha elaborato fino ad oggi per addentrarsi verso una nuova concezione dello spazio abitato. Oltremodo la vera sfida diventa pertanto rinnovare le unità abitative (oggi celle di isolamento) creando strategie di ventilazione innovative, creare arredi e spazi funzionali ai differenti utilizzi, concepiti per lo “stare” e progettare/riprogettare superfici resistenti ai patogeni che hanno contribuito la diffusione della malattia.
“Daylighting” ovvero dell’utilizzo della luce naturale per l’illuminazione degli interni.
Molto spesso nella progettazione l’elemento luce naturale viene considerato unicamente nel rispetto della proporzione di un ottavo tra superficie illuminante e superficie di pavimento.
Tecnicamente è corretto verificare l’esistenza di giuste proporzioni tra spazio e superficie dalla quale proviene la luce naturale, ma spesso in favore del rispetto di una normativa si trascurano altri fattori determinanti per la corretta illuminazione degli interni in architettura quali: l’orientamento dell’edificio, la colorazione delle superfici, gli infissi e le eventuali schermature solari.
Per sfruttare al meglio gli apporti gratuiti dell’illuminazione naturale è necessario controllare la quantità della luce in entrata e la sua diffusione omogenea all’interno degli ambienti e si deve prestare attenzione alle varie schermature poste in prossimità delle finestre sia dall’esterno che all’interno degli spazi.
Parliamo di luce naturale e non di sole perché l’apporto della luce proviene dalla volta celeste e non dal sole...il sole è infatti da considerarsi come una “lampadina” dalla quale dobbiamo proteggere la vista. I raggi solari devono penetrare negli spazi interni con la dovuta schermatura nelle diverse stagioni dell’anno, mai in modo diretto, alla luce invece non deve essere preclusa la possibilità di invadere gli ambienti.
Molto spesso nella progettazione l’elemento luce naturale viene considerato unicamente nel rispetto della proporzione di un ottavo tra superficie illuminante e superficie di pavimento.
Tecnicamente è corretto verificare l’esistenza di giuste proporzioni tra spazio e superficie dalla quale proviene la luce naturale, ma spesso in favore del rispetto di una normativa si trascurano altri fattori determinanti per la corretta illuminazione degli interni in architettura quali: l’orientamento dell’edificio, la colorazione delle superfici, gli infissi e le eventuali schermature solari.
Per sfruttare al meglio gli apporti gratuiti dell’illuminazione naturale è necessario controllare la quantità della luce in entrata e la sua diffusione omogenea all’interno degli ambienti e si deve prestare attenzione alle varie schermature poste in prossimità delle finestre sia dall’esterno che all’interno degli spazi.
Parliamo di luce naturale e non di sole perché l’apporto della luce proviene dalla volta celeste e non dal sole...il sole è infatti da considerarsi come una “lampadina” dalla quale dobbiamo proteggere la vista. I raggi solari devono penetrare negli spazi interni con la dovuta schermatura nelle diverse stagioni dell’anno, mai in modo diretto, alla luce invece non deve essere preclusa la possibilità di invadere gli ambienti.
La luce fa bene, rende l’ambiente più gradevole ed ha un’influenza positiva sulle persone a livello di comfort visivo, psicologico ed emotivo; non solo, possiamo anche ricavare dei benefici a livello economico e certamente anche questo è un fattore da non trascurare per rendere più felici le persone!
Gli apporti gratuiti dati dall’utilizzo dell’illuminazione naturale e il corretto irraggiamento nei periodi invernali contribuiscono a garantire migliori performance di quello che chiamiamo involucro edilizio (le nostre case), e di conseguenza una migliore performance in questo caso corrisponde ad una diminuzione dei consumi di energia elettrica.
A volte per la loro conformazione e il loro orientamento le nostre abitazioni non sono l’ideale per osservare i criteri di cui abbiamo parlato, ma possiamo comunque ingegnarci e migliorare la situazione all’interno delle nostre case con alcuni piccoli accorgimenti intelligenti ad esempio:
Gli apporti gratuiti dati dall’utilizzo dell’illuminazione naturale e il corretto irraggiamento nei periodi invernali contribuiscono a garantire migliori performance di quello che chiamiamo involucro edilizio (le nostre case), e di conseguenza una migliore performance in questo caso corrisponde ad una diminuzione dei consumi di energia elettrica.
A volte per la loro conformazione e il loro orientamento le nostre abitazioni non sono l’ideale per osservare i criteri di cui abbiamo parlato, ma possiamo comunque ingegnarci e migliorare la situazione all’interno delle nostre case con alcuni piccoli accorgimenti intelligenti ad esempio:
- preferiamo pavimenti dalle tonalità calde e chiare
- dipingiamo le pareti interne ed esterne (ove possibile) con tonalità tenui che favoriscano il riverbero della luce
- vicino alle finestre cerchiamo di non posizionare mobili ingombranti, oppure rampicanti ed elementi decorativi che dall’esterno impediscano l’ingresso della luce naturale, evitiamo tendaggi dalle trame spesse e teniamo puliti i vetri!
Non tutti ancora conoscono questa attività progettuale e molti di più si chiedono cosa sia; cercherò di dare un piccolo contributo parlandone sulla base della mia conoscenza.
Al giorno d'oggi stiamo assistendo ad una progettazione più consapevole dell'importanza dell'ambiente naturale in ambito urbano, basti pensare all'abnorme successo europeo ed internazionale del progetto del "bosco verticale" di Milano dell'Archistar Boeri; progetto che è diventato il baluardo e l'esempio massimo di architettura che sostiene il processo di forestazione dell'ambiente urbano.
Ma in cosa consiste questo processo?
La forestazione urbana è quell'attività che consiste nella sottrazione di CO2 atmosferica mediante l'ausilio di alberature in ambiente urbano, ovvero la messa a dimora e mantenimento di nuovo verde pubblico e privato che contribuisca pertanto all'aumento delle riserve di carbonio.
l'Aspetto principale della forestazione urbana quindi consiste nella fissazione della CO2 in ambiente urbano mediante la scelta di specie vegetali che siano adatte alle condizioni in cui saranno piantate.
Perchè questo è importante?
Il processo di forestazione urbana riuscirebbe a garantire, se messo a pieno regime, il controllo su due aspetti ad oggi molto invasivi sulla vista dell'uomo nell'ambiente ovvero l'eccessiva emissione di gas ad effetto serra e CO2 in atmosfera. L'utilizzo di un tale processo su ampia scala infatti riuscirebbe a risultare una ottima alternativa all'utilizzo del petrolio per la produzione di energia, in virtù dell'utilizzo della biomassa legnosa derivante dalla gestione del verde pubblico oltre che influire notevolmente sulla riduzione dei consumi energetici degli edifici legato sia al raffrescamento degli stessi durante i periodi estivi sia alla riduzione dei consumi per il riscaldamento con il contributo all'intercettazione della radiazione solare durante i periodi invernali.
Come attuare il processo in architettura?
Il primo aspetto si concretizza utilizzando e valorizzando facciate, tetti e muri verdi all'interno del processo progettuale sia in ambiti ristrutturazione edilizia che all'interno di siti di nuova edificazione; il verde urbano deve necessariamente permeare il costruito collettivo ed in particolare costituire segno distintivo per strade, parchi, cimiteri, fasce verdi e parcheggi.
Il secondo invece considerando alcuni degli aspetti basilari di gestione del verde quali:
·il raggruppamento di piante di specie diverse ma con uguali esigenze di gestione;
·il piantare il maggior numero possibile di alberi;
·la creazione di differenti condizioni di accrescimento (specie diverse di età diverse);
·fornire agli alberi messi a dimora un ambiente ottimale per l'accrescimento considerando uno spazio almeno sufficiente per lo sviluppo della chioma e delle radici nel tempo;
·immediata sostituzione di essenze invasive e/o morte con altre di efficienza ed età migliore;
In conclusione la forestazione urbana è un processo al quale ci si dovrà necessariamente attenere nel futuro prossimo, prediligendo aspetti che mirino al miglioramento delle condizioni abitative e di qualità della vita piuttosto che una progettazione su larga scala che consideri infrastrutture del territorio solo e unicamente i collegamenti stradali. |
“… per come mi hai esposto le tue idee ed esigenze … circa 45.000,00 €”
“Bene! Adesso puoi cominciare con i tuoi DIPENDE”
“Ah! Adesso li vuoi!”
“Adesso sì! Prima però volevo la cifra … circa 45.000,00 €?… cosa intendi per circa?
“… circa 45.000,00 € ...”
“Bene, vai con i DIPENDE allora”
“No, sono i miei DIPENDE. La cifra che spenderai dipende da quello che realmente vuoi fare, a partire dalla qualità dei materiali e dalla scelta delle finiture interne, dipende da quali e quanti tipi di materiali vuoi utilizzare, dipende da che tipo di immagine di casa ti stai dando, dipende da quanto vuoi investire in qualità e da quanto comfort vuoi ottenere, se intervieni sui bagni e sulla rubinetteria, se consideri gli arredi o no. Per non parlare poi di quali tipi di arredi prevedi, dai fornitori, dall'inserimento o meno di ulteriori impianti tipo aria condizionata o addolcitori, dalla scelta delle finiture base e di dettaglio, da minimo 3 mesi di lavori in cantiere, dall’assistenza richiesta sia in loco che sulle scelte e nuove idee …”
I dipende sono sempre tantissimi, ogni progettista ha i suoi e sono diversi, progetto per progetto. Ogni nuova idea e/o modifica è una variabile differente che incide sulla realizzazione. Ogni dipende ha una soluzione che va studiata, ricercata, trovata, valutata e scelta; tutto questo richiede ricerche, tempo, studio, gestione delle risorse e controllo dei processi … ecco perché il professionista ti serve per garantire le soluzioni scelte.
Il semplice utilizzo dei pannelli solari o sistemi fotovoltaici non bastano a rendere un edificio sostenibile; la sostenibilità va considerata nell’insieme di tutte le sue parti che comprendono processi sia economici che sociali. Troppo spesso un edificio viene etichettato come “verde” od “ecologico”, anche se lo è soltanto di facciata, tanto che viene denominato come greenwashing l’abitudine a classificare come sostenibile edifici che non lo sono. L’approccio sostenibile in architettura risulta quindi essere quell’aspetto che, prendendo in considerazione il riuso e il riciclaggio dei materiali fin dal momento della progettazione di un edificio, elabora una idea di recupero che garantisce e faciliti il riutilizzo e il reimpiego di vari elementi anche in fase di demolizione. I materiali, infatti, possono avere un ciclo di vita e una funzione differente da quella per cui sono stati concepiti. Appurato questo concetto si può quindi affermare che costruire una casa con materiali riciclati è, in realtà, un concetto tutt’altro che nuovo e che vede esempi in tutto il mondo. Ogni volta che un materiale da costruzione cosiddetto “tradizionale” manca o scarseggia, ci si rivolge a diversi materiali sostitutivi, proprio come possono essere i materiali di riciclo.
Nello scegliere questo tipo di realizzazione, prima di pensare ai materiali in sé è buona regola riflettere sulla disponibilità, ai costi per l’acquisizione e il trasporto dello stesso, alle proprietà intrinseche ed estrinseche, a quelle isolanti, statiche ed ignifughe, ai requisiti di lavorazione e al risultato estetico finale. Un esempio può essere rappresentato dalle “bottiglie di plastica”: migliaia di bottiglie di plastica che, malgrado le caratteristiche intrinseche e i processi produttivi del materiale stesso, possono dare vita a vere e proprie case ecologiche, antisismiche ed antincendio. Le bottiglie presenti in una struttura, in caso di incendio, a differenza del legno, si accartoccerebbero su se stesse e non propagherebbero le fiamme; inoltre, una volta unite fra loro grazie ad incastri di cemento e sabbia, le bottiglie assumono un forte potere isolante, sia per la temperatura che per i rumori provenienti dall'esterno. Le stesse possono essere riempite di sabbia prima del loro utilizzo, possono essere facilmente recuperate, riutilizzate e smaltite senza provocare ulteriori inquinamenti globali con un riciclaggio integrale o pressoché totale.
Il nuovo concetto di costruzione potrebbe quindi essere definito come un processo “scomponibile” dove gli edifici si realizzano con elementi e materiali differenti, composti da strati riciclati e riciclabili che si possono adattare ad usi differenti in quanto facilmente separabili: i materiali “tradizionali” pongono il serio problema della loro separazione prima del riciclo, basti pensare all’ immenso dispendio di energia utile alla demolizione del cemento armato.
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